Janis Joplin

Il rifiuto dell'American Way Of Life

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DaughterOfTheMoon
view post Posted on 8/4/2008, 10:26




Le contraddizioni dell'individualismo rock esplodono nelle mitiche vite vissute che suggestionarono la generazione a cavallo fra i due decenni, quella esaltata e sbigottita dai moti studenteschi del Sessantotto.

La nuova coscienza politica dei giovani e` in realta` solo uno degli aspetti di una generale presa di coscienza riguardo i valori della vita. Negli anni '60 il giovane al di sotto dei vent'anni smette di essere un giocattolo della societa`, un amorfo consumatore ancora ignaro di dover un giorno diventare efficiente produttore, un batuffolo di spensieratezza che fa sorridere le mamme e inorgoglire i papa'. L'indipendenza economica lo inizia all'auto-gestione della propria vita, e lo porta inevitabilmnete a scontrarsi di persona con i grandi problemi dell'esistenza. Questa presa di contatto con la realta` avviene prima di aver terminato le scuole, mentre tradizionalmente i giovani rimanevano all'oscuro dei meccanismi sociali fino al giorno in cui vi si trovavano immersi col problema impellente di trovarsi un posto, di guadagnarsi da vivere, di metter su casa, eccetera; insomma erano forzati ad accettarla cosi` com' era perche' la breve presentazione non aveva consentito loro di porsi domande in merito alla sua giustezza.

Nel vuoto lasciato dal caos morale del Vietnam, lo studente ha invece tutto il tempo per rendersi conto di cio` che lo aspetta. Comincia a riflettere sulla realta` che sta attorno al campus. Da un certo tipo di considerazioni scaturisce una ribellione politica al capitalismo, da altre una ribellione morale all'imperialismo, da altre ancora una ribellione d'"insofferenza" verso la "american way of life". In America il marxismo-leninismo non ha voce in capitolo a nessun livello, per cui gli alfieri della prima rivolta si riducono alla fin fine agli estremisti neri.
La seconda istanza e` portata avanti soprattutto con fini anti-Vietnam dai giovani in odore di arruolamento. E` nella terza che confluisce veramente la protesta giovanile, al di la` di interessi di ceto e di razza. Sulla critica della "american way of life" confluiscono il moderno spleen degli emarginati e il disagio indefinibile del giovane intellettuale, forse il piu` emarginato degli emarginati.

Introspezione ed egocentrismo sono soltanto dissimulati nelle manifestazioni di massa. Nell'intimo si svolge in realta` una tragedia esistenziale che coinvolge il significato di tutto, e particolarmente alla luce della considerazione di come l'individuo non sia piu` padrone della propria vita.

Artisticamente tale disagio finisce per snaturare i comandamenti underground del gioco (che suonano ora quasi blasfemi) e travalicare la missione della provocazione ad oltranza. La musica e` ancora una volta l'unico mezzo mediante il quale sia possible esprimere la sensazione di malessere e confrontarla con quella degli altri milioni di coetanei. Di conseguenza si assiste a una repentina rivalutazione del valore dei testi, sia pur in direzione antitetica rispetto all'oratoria dylaniana: il riflusso dalla Storia verso l'ego.

Simbolo inebriante di questa generazione sono i divi famosi ed acclamati che consumano rapidamente la loro esistenza in un turpe cerimoniale di auto-distruzione che si serve senza ritegno di sesso e droga, sorgenti di emozioni estreme che servono soprattutto a verificare la propria esistenza. Oltre questo c'e` soltanto il ripudio della vita. Tutti gli aspetti negativi della societa` sono ricondotti a un unico nemico da combattere: la vita (esplodere per far esplodere; poter essere padrone della propria vita almeno quando la si distrugge; vivere fino in fondo o almeno in fondo).

Il sesso, la droga e la morte, diventano l'alfabeto psichedelico, macabro ed erotico di un confuso linguaggio del rifiuto. L'accezione di questi vocaboli e` diversa da quella dei rocker, dei beat, degli hippy, dei freak: e` tutte le loro piu` qualcosa d'altro, un umore tragico che trova la sua miglior definizione nel sacrificio umano, dove la tradizionale sfida del pericolo deborda nell'eccitazione del mito postumo.

Il fascino esercitato da queste morti e` enorme, sia per la radicale forma di contestazione del vivere comune rappresentata da una morte volontaria e precoce, sia per la dimostrazione di sincerita` in essa contenuta, che contrasta duramente con la falsita` e l'ipocrisia del Sistema, capace di pre-fabbricare tutto, sentimenti compresi, ma non la morte.

L'era del "break-through", del rompere con la tradizione, del sacrilegio anti-puritano, ha bisogno di miti e di eccezzi, di miti che indulgano in quegli eccessi.

Sesso e droga, quando non addirittura la morte, assurgono da parte della massa adolescenziale, a rituali di identificazione nei miti ufficiali della nuova America, miti che appartengono al rock perche' il rock "e`" il nuovo folclore americano. E fioriscono cosi` manifestazioni pittoresche, come quella delle "plastic caster", le ragazze di Chicago che prendevano calchi in gesso dei membri sessuali dei grandi divi rock.

Il fenomeno nacque in pratica con la fine dell'esperienza hippy e termino' con le prime avvisaglie della crisi del movement, avvenimenti che sono qualcosa di piu` che semplici coincidenze.

Capolavori di questo fenomeno sono le brevi ma intense vite artistiche di Jimi Hendrix, di Jim Morrison, di Janis Joplin.

Erano tutti bravi ragazzi investiti di una responsabilita' eccessiva, quella di rappresentare e impersonare la rivoluzione. E si auto-convinsero al punto da rispettare fino alla fine il copione preparato per loro dai loro fan.


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